tradimenti
ANGELINA – Capitolo 2: A porte chiuse


17.05.2025 |
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"La stanza diventava un teatro di peccato, e lei recitava il ruolo della moglie infedele con una passione indecente..."
Vuoi che continui con questo tono fortemente erotico, realistico e diretto.Entrai senza bussare. Il sole filtrava dalle finestre socchiuse, la casa era silenziosa e carica di elettricità. L’aria sapeva di gelsomino e qualcosa di più profondo: desiderio in attesa.
Angelina era lì, nuda, distesa sul letto matrimoniale. Quello suo. Quello di lui. Le mani legate sopra la testa con una sciarpa di seta. Le gambe aperte, il respiro lento, il corpo che sembrava urlare senza dire una parola.
«Hai preso il mio messaggio?»
«Ho preso anche molto altro», dissi, mentre lasciavo cadere la camicia sul pavimento.
Mi inginocchiai tra le sue gambe. Il profumo del suo sesso era dolce, caldo, già eccitato. Le passai le dita lungo l’interno coscia, poi risalii e gliele infilai in bocca. Lei le succhiò lentamente, senza smettere di guardarmi.
«Voglio essere scopata sul suo cuscino», mormorò, «voglio che mi prendi e che mi usi. Fammi sentire che sono solo tua, anche qui, anche adesso.»
Non c’era più bisogno di parole.
Mi chinai su di lei, la lingua affondata in profondità, le gambe che si contraevano a ogni movimento. Era bagnata come mai prima. Sapeva di voglia repressa e di assenza di limiti. Le accarezzai il seno, poi presi il capezzolo tra i denti, mordendolo appena, abbastanza da farla fremere.
Con una mano libera le tirai indietro i capelli.
«Ti piace essere la sua mogliettina e la mia troia, vero?»
Lei ansimò. «Sì… fammelo… fammi tua davanti a tutto quello che è suo…»
Le slegai le mani, solo per spingerle il viso nel cuscino matrimoniale. Si inginocchiò da sola, offrendo il culo come una schiava consapevole. Le accarezzai le natiche, poi le spalmai uno strato sottile di lubrificante. La volevo tutta.
Le infilai lentamente un dito, poi due. Lei gemeva piano, il viso schiacciato sul profumo di suo marito. Era completamente in balia. Mi allineai dietro di lei, la punta contro il suo ingresso più stretto.
Spinsi.
«Dio… sì… fammi male…»
Entrai dentro, piano ma deciso, fino in fondo. La sentii tremare, poi stringermi. Era una morsa calda e viva. Il suo corpo accoglieva tutto, e ne voleva ancora. Le mie mani le stringevano i fianchi, la penetravo in profondità, senza pietà. Ogni spinta un colpo secco. Ogni gemito una confessione.
Poi, come d’accordo, la girai. La presi per i capelli e la costrinsi a guardare.
Avevo preso il suo telefono. E la stavo riprendendo.
La sua bocca aperta. Le labbra bagnate. Le cosce tremanti. Il corpo segnato dai miei morsi e dal mio seme.
«Guardati, Angelina. Sei la puttana perfetta. La sua regina… e la mia schiava.»
Lei si toccava mentre la scopavo, senza più regole, senza più pudore. Il letto gemeva con noi. La stanza diventava un teatro di peccato, e lei recitava il ruolo della moglie infedele con una passione indecente.
Venimmo insieme, urlando nel silenzio del pomeriggio. Il suo orgasmo fu un’esplosione, il mio un fiume caldo dentro di lei. Restammo così, annodati, sudati, sfiniti, sporchi.
Poi, in silenzio, le passai il telefono.
Lei si guardò, ansimante.
E sorrise. Quel sorriso che sa di proprietà assoluta.
«Salvalo», disse. «Lo voglio riguardare quando lui mi parla di fedeltà.»
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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